Needs

Non ti accorgi che di parole che pungono sanguina un pensiero?
Che per quanto possa esserne pura l’intenzione infine ne esce uno sbuffo di vento?

Non ti accorgi che il tempo stringe e che l’affetto desidera liberarsi?
Lo senti quell’urlo dal cuore che vuole farsi ascoltare, che vuole parlarti con sincerità?

Non la senti quella rabbia avvinghiata allo stomaco che ha bisogno di esaurirsi con una semplice carezza?
La vedi anche tu quella luce che si fa largo nel cielo e che ti ostini a coprire con le mani?

Li conosci quei sogni proibiti che leghi al palo dei tabù e la libertà che solo appare?

Ma non la senti anche tu la necessità di amarsi di più?

M.Manzini

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Building love

Di ingegneria non ci capisco nulla
che forse questo non lo è neppure,
che forse è architettura.
Forare le nubi con i trapani,
nascondersi dalla pioggia di bulloni,
lanciarsi coriandoli di calcestruzzo.
Ingegneri di un mondo capovolto,
a costruire e a disfare
con le ore che fuggono dal timbratore.
L’amore si nutre di straordinari.
Con un passo siamo al primo gradino
e già fremo nello scegliere gli interni.
Mi tieni la mano, hai sete e scendiamo
a bagnarci con le parole dolci,
di quelle che rinfrescano le labbra.
Ti passo un chiodo,
punge ma lo tieni tra le dita
e risaliamo così, piano,
a costruirci la vita.

M.Manzini

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DOLCE RICHIAMO

Riposati dolce,
anima bella,
ora che il Sole tramonta
su questa sottile striscia di terra.
Anima nascosta,
anima sensibile
che non chiedi attenzioni,
che mi osservi dal tuo angolo
silenziosa.
Accoccolati sui tratti confusi di questa matita
e quando l’amore solletica l’essenza
raccontami a bassa voce di te e del Mondo che hai visto.
Riposa in me
anima bella,
finché il nostro battito continuerà a cullare il tempo.

M.Manzini

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Water War

Le parole volano su di noi
pesanti come stracci bagnati.
Gocce che riempiono le labbra su strascichi di arcobaleno.
È l’ora della visita
dove entrambi scopriamo le ferite.
Tocchiamo gli strati della pelle più profondi,
sfioriamo la rabbia,
diamo una spinta ai ricordi.
È conoscersi a tentativi,
corrersi incontro sotto una pioggia di gavettoni.
È l’ora di immergersi nel profondo dei nostri abissi
come sommozzatori abbracciati al movimento delle meduse.
È il dolore che piace
nel nascosto che ora emerge
in quel mondo che si ama.

M.Manzini

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Lonely Time

Ho sempre amato la solitudine
regalarsi uno spazio tra le strette trame del tempo.
Il piacere di riscoprirsi,
riconoscersi in un pensiero,
di percepirsi nel respiro.
Amo la solitudine
per la capacità che ha di farti sentire speciale.
Quel suo silenzio così magnetico,
l’eco del suo invito.

Eppure in tutto ciò ho sempre amato una solitudine.
Sì, perché di solitudini ne esistono tante
e mentirei nel dirti che amo anche questa.
Perché questa è una solitudine fredda
come le giornate di primavera,
dove il freddo sbatte e graffia le spalle
mentre il sole riscalda gli alberi in fiore,
che ne vorresti anche te un po’ di quel calore.

Questa solitudine ti stringe la gola.
Come all’abbandono, manca di un abbraccio.
Sentirmi incompleto,
privo di quella carica che solo te sai trasmettere.
Stare immobile come un compressore
senza corrente ma pieno d’aria
incapace di gettarla fuori con la giusta pressione.

Allora ecco che la cerco e scappo,
la amo e la odio
questa solitudine che bussa,
questo stare soli che è parte di me
e che è parte di noi.

M.Manzini

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Parole mute

È che non so da dove iniziare,
forse è questo il problema.
Il problema è la sensazione di non riuscire a dire tutto quello che mi passa per la testa.
Allora preferisco non iniziare, che se poi sbaglio all’inizio, tutto diventa un inferno:
devo interrompere, cancellare, ammettere un passo falso.
È che credevo di sapere che cosa provassi,
in verità lo so dire a stento.
Fa sorridere vivere ogni giorno di parole
e quando proprio ti servono ecco che spariscono in un semplice movimento:
un singhiozzo, un sospiro, un bacio appeso ad un filo di seta.
Sono quelle parole che non emergono e che si intrecciano nella testa
quando ripenso alle pieghe del tuo corpo,
all’abbraccio caldo dei tuoi capelli,
alle labbra strette raccolte in un sorriso.
In quel momento vorrei poterti raccontare del Mondo che si muove nel profondo,
delle mille sensazioni, di quanto mi manca il respiro,
di quando bene sto dentro,
È che non so da dove iniziare.
Forse è vero che le parole sono di chi è maestro,
forse è che di questo mondo sono un semplice studente
che sbircia tra le parole di un povero vocabolario
per raccontare le trame dell’Universo.

M.Manzini

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Frullato

I tuoi fianchi tra le mani,
una canzone d’amore
il mixer che stride e fa a pezzi i nostri baci.
Fragole che scendono tra l’incavo del collo e la clavicola,
la fragranza dolce che scompare tra le lame.
Granny Smith fate a pezzi
acide come la rabbia della distanza.
Per tutte le ore trascorse a parlarci dalla stessa stanza,
pare ora di vederci al microscopio
con le cellule pulsanti ad un soffio dalle labbra.
Cellulosa nei cereali
che tieni tra le mani,
ci ricordano che ci siamo raccolti da terra.
Nel frullato dolce ed acido
lo spazio scorre nel tempo.
Nell’immobilità della parola
cresce il senso delle nostre storie.
Ora lascia che te ne versi un sorso,
dolce ed acido,
come il sentirsi al risveglio dopo un sogno.

M.Manzini

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Jodie

Jodie si lavava gli occhi con il sapone
“sapore di vaniglia, effetto cotone”
così c’era scritto.
Dopo la doccia stava a fissare quegli occhi
lucidi come vetri con le fiamme attorno,
e quel fuoco che faceva male,
del male più buono del mondo.
A passare carne
come un tritacarne,
Jodie cannibale del mondo,
Jodie cannibale di sé stessa.
Piccole incisioni a cuore caldo,
che quel calore era sale sulle ferite,
che era meglio toglierlo che soffrire
e continuare a sognare margherite.
Jodie si lavava gli occhi con il sapone,
“sapore di vaniglia, effetto cotone”
sull’etichetta cercava un senso,
anagrammando le parole
di quel senso che nascondeva a sé stessa.
Jodie odiava il calcio ma lo giocava ogni giorno
a rimbalzare tra una rete e l’altra,
presa a calci dal mondo,
aspettando il fischio di fine incontro.
Fingersi morta per sentirsi viva.
Jodie cercava un segno nella sorte
a maniche corte tra un metro di neve.
Scavare a mani nude
tra le ferite del freddo.
Sangue raffermo nel corpo gelato
in un momento spietato,
in quell’ultimo brivido di morte,
Jodie ha sognato la vita.

M.Manzini

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Water Touch

Ti toccherei come si tocca l’acqua di una vasca:
mai sino al palmo della mano, mai con la punta dell’unghia.
Mi piace sentire quanto è calda prima di bagnarmi,
è per immergermi senza scottarmi, senza ghiacciarmi.

Ti toccherei come si tocca l’acqua di una vasca,
così, delicatamente, senza far uscire il sapone.
Entrarci e goderne della fragranza
e poi cambiare i sapori, variarne i colori.

Ti toccherei come si tocca l’acqua di una vasca
quando fugge come un vortice, nervosa, dallo scarico.
Sentirla fluire rapida tra le dita,
romperne il flusso per farla calmare
e poi di nuovo lasciarla fare.

Ti toccherei come si tocca l’acqua che muta
e che fa mutare e che senza di sé fa morire.

M.Manzini

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Leggerezza

Ho visto un palloncino volare leggero su di un grumo di sterpi,
là, alto, sulle punte delle rose.
Rimbalzava a mezz’aria come una bolla d’aria,
leggero oltre alla terra nascosta dai rovi.
Era così delicata e sensibile quella sua leggerezza
quell’aria che teneva dentro e che lo rendeva goffo.

Ho visto un palloncino superare un grumo di sterpi con la sua leggerezza.
La plastica tesa dalla pressione che portava dentro.
Eppure volare e volare e lasciarsi andare via col vento
cullato dallo scirocco, solleticato dal sale.

Ho visto la leggerezza in quel palloncino
quella dolce, quella che solleva da terra ogni peso
al di là della forma, di ogni pensiero.
Quanto sarebbe bello fare parte di un mondo di palloncini come quello.

M.Manzini